Judy Garland: il film che ne celebra il genio, l’abilità e la verve…
É in uscita il film che ha conquistato pubblico e critica. Judy di Rupert Goold con Renée Zellweger, Jessie Buckley, Finn Wittrock, Rufus Sewell, Michael Gambon Darci Shaw. Sceneggiatura Tom Edge, prodotto da David Livingstone, BBC Films Calamity Films, Pathé Twentieth Century Fox, Fotografia Ole Bratt Birkeland, Scenografie Kave Quinn, Costumi Jane Temine, Montaggio Melanie Ann Oliver Musiche Gabriel Yared, Casting Fiona Weir e Alice Searby, Distribuzione Notorius Pictures
“È riuscita a trionfare nonostante tutte le avversità. Come lei, Judy Garland, ne nasce una ogni cento milioni di anni” Renée Zellweger
Ha appena vinto un Golden Globe come migliore attrice di un film drammatico in Judy di Rupert Goold ed è in odore di candidatura per la nomination agli Oscar. Renée Zellweger fa centro con Judy un bel biopic sulla Garland, la star che interpretò nel 1939 la giovane Dorothy ne Il Mago di Oz. L’attrice del Diario di Bridge Jones sembra muoversi con grande disinvoltura nei film musicali, tanto che già Chicago di Roxie Hart (2002) le ha valso la sua seconda nomination. Segno che il genere è nelle sue corde e che il personaggio da interpretare le piace molto. È la stessa Zellweger a dichiarare che:
“Sono solo una dei milioni di persone che si sono innamorate di lei”
In effetti, il film realizzato con teatrale maestria mostra una Garland non convenzionale, una donna appassionata, acuta, spiritosa in bilico tra l’amore per i figli e quello per il pubblico. Il lungometraggio però non ripercorre la tutta la vita della star ma si concentra poco sul primo periodo della sua carriera, gli anni Trenta, e molto di più sull’ultimo, la fine degli anni Sessanta quando, sul viale del tramonto, la diva strozzata dai debiti e in guerra con uno dei suoi cinque mariti per la custodia dei figli, accetta l’invito di Bernard Delfont (Michael Gambon) ad apparire in una serie di spettacoli nel suo nightclub di Londra The Talk of the Town.
Londra è una città che la ama ancora, qui ha dei bei ricordi e poi ci sarà Rosalyn Wilder, (Jessie Buckley) la segretaria tuttofare assunta per occuparsi dell’inaffidabile Signora Garland. Judy non vuole fare le prove, la sera del debutto stordita dai farmaci, pretende di annullare lo spettacolo. Non ci riesce e tra un inciampo sul palco e un incontro con due fan omosessuali si elettrizza all’applauso del suo pubblico che inizialmente le dispensa consensi.
Nello spazio di cinque settimane, l’attrice si sposa con un giovane Mickey Deans (Finn Wittrock), conosciuto a casa Liza Minelli, che diventa il suo manager e gli propone un contratto con una catena di cinema.Nulla di fatto e quando i suoi figli decidono di rimane negli States con il padre, la performer beve e sale sul palco ubriaca fradicia. In preda alla disperazione dimentica le canzoni, barcolla e l’impresario non può far altro che annullare il resto degli spettacoli.
Judy guarda il suo pubblico da dietro le quinte e chiede il permesso di salire un’ultima volta sul palco.
La voce titubante in Over the Rainbow è il suo canto del cigno. Sarà trovata morta a 47 anni nel suo appartamento londinese il 22 giugno 1969.
Scritto da Tom Edge e prodotto da David Livingstone ciò che affascina del film sono l’equilibrio tra il passato glorioso dell’attrice merce dello showbiz e il presente con tanto di difficoltà economiche, fisiche e affettive.
È un po’ quello che succede agli attori che hanno avuto un grande successo e per giunta la Garland era una star dell’età dell’oro oltre che una madre affettuosa e incredibilmente sola. Bilanciare il mito e la donna non deve essere stato facile ma il risultato è stato egregio. In questo film c’è tutto l’amore che la diva riponeva nel suo lavoro, il rapporto con i suoi fan e quanto ciò le sia costato.
La maggior parte delle persone mette una maschera davanti alla telecamera o al pubblico
dice la Zellweger “con Judy invece si vede la persona vera”. Eh sì, perché occorreva un’attrice spiritosa che sapesse cantare e recitare. Renée ha accettato il ruolo ma voleva essere autentica e non una caricatura e c’è riuscita. Come? Con quel modo così strano di tenere le spalle che faceva apparire la Garland molto più vecchia della sua età, con un vocal coach che ne ha plasmati il suono e la pronuncia della voce, con le acconciature e i costumi di Jany Temime ispirati a quelli di Judy e allo stile della Londra del 1968 e di Hollywood degli anni Trenta. In pratica, il film è un sogno bellissimo e profondo che spazia, grazie al mito, tra i periodi più prolifici del cinema e della musica. A noi non resta che svegliarci e incrociare le dita aspettando il verdetto dell’Academy!