I leoni non sono stupidi capiscono anche quale sono le tue intenzioni e non c’è modo di ingannarli in tal senso
(Kevin Richardson 2018)
Mia e il leone di bianco di Gilles De Maistre presentato in prima mondiale alla Festa del Cinema di Roma edizione 2018 è molto più di un bel film: è un messaggio prima di tutto e un avvertimento. Poi è una storia d’amore grande, tra una ragazzina Mia (Daniah De Villiers) e Charlie (Thor) un cucciolo di leone albino. Cosa sappiamo dei leoni? Sono così pericolosi da meritarsi l’ignobile pratica del Trophy Hunting o del bracconaggio? Assolutamente no! Che dire del traffico di ossa nelle credenze nella medicina asiatica? Vergogna scientifica! I circhi dove i leoni sono in cattività? Inutili sollazzi per gente ignorante! L’habitat in cui i leoni e le specie della savana vivono si è ridotto all’8% per far posto agli allevamenti intensivi e alle produzioni agricole, ma questo è un danno per l’ecosistema e un conto economico fuori controllo! Basterebbe farsi queste domande per creare una coscienza civile che manca nei confronti degli animali in generale, e delle specie protette, in particolare. Il leone è una di queste.
Occorre sapere che la popolazione dei leoni in Africa occidentale e orientale è in brusco declino e nei prossimi due decenni il loro numero si ridurrà del 50%. Di fatto, stiamo rischiando l’estinzione di una specie e non è la sola. Già le tigri sono appena 4.000 nel mondo. Secondo IUCN Unione Internazionale per la conservazione della natura è probabile che in Africa sopravvivano meno di 20.000 esemplari e il loro numero si riduce progressivamente. Si sono estinti in 12 Paesi subsahariani. Chi come me ha avuto la fortuna di vedere, più di 37 anni fa, lo Tsavo National Park al confine tra il Kenya e la Tanzania e poi il Kruger National Park in Sudafrica piange e non può tacere nel constare quanto dannosa sia la stupidità umana. Il mal d’Africa lo capisci solo se ne hai avuto il contatto fisico, hai vissuto nel luogo, ne hai apprezzato la natura e la sua gente, anche solo per una vacanza.
Non dimenticare che questi sono animali selvaggi e che devono essere rispettati in quanto tali
Mia e il leone bianco è un film che racconta esplicitamente questo contatto e lo fa con delicatezza e forza. La forza dell’innocenza di una ragazzina che, da Londra e si trasferisce in Sudafrica, con la famiglia per riprendere una riserva ereditata. Quando a Natale sotto l’albero, con un caldo equatoriale, arriva al padre John (Langley Kirkwood) un cucciolo di leone albino, Charlie, la bimba non lo accetta subito, come non accetta di trovarsi lì. Il piccolo è nutrito a biberon da Mick, il fratellino minore (Ryan Mac Lennan). Poi la svolta e il cambiamento. In fondo, l’Africa non è tanto male, meglio di quei college pieni di ragazzini smorfiosi. Le corse in sidecar nella savana con papà, tra animali che altri possono vedere solo nei cartoni animati e il rapporto con quel cucciolo di leone diventa sempre più stretto.
Il “gattino selvatico” la conquista e si fa amare come tutti i piccoli indifesi. Giocano insieme, dormono insieme e lei è la sola che può avvicinarlo quando grande è rinchiuso in un recinto non è capace di difendersi dagli altri leoni. La madre Alice (Mélanie Laurent) comincia a preoccuparsi quando il leoncino pur sempre un felino selvatico ha una certa stazza e può diventare pericoloso e non permette più la convivenza in casa, ma Mia e Charlie crescono insieme, di nascosto, nonostante tutti i divieti.
Tre lunghi anni in cui il loro rapporto diventa indissolubile e unico, nella ferma convinzione di Mia che la leggenda del leone bianco mandato da Dio a salvare l’umanità si realizzerà. Purtroppo scoprirà presto il contrario. Il tradimento del padre che alleva i leoni, non per il ripopolamento delle riserve come pensava, ma per venderli a bracconieri senza scrupoli che organizzano costose battute di caccia per squilibrati miliardari dal grilletto facile, sarà per Mia la scoperta di una terribile verità. Da qui la decisione di salvare Charlie dal suo destino di trofeo di caccia e la fuga rocambolesca per raggiungere la riserva naturale di cui parla la leggenda dove il leone albino sarebbe stato accolto come un Dio e salvato.
In “Mia e il leone bianco” tutto ciò che si vede sullo schermo è realmente accaduto
Ci sono voluti tre anni per girare questo film che ha ambientazioni spettacolari (le riprese sono state fatte in Sudafrica presso la Welgedacht Reserve a 40 chilometri da Pretoria) e ha una verità cinematografica disarmante. Basato su una storia di fantasia originale dello stesso regista, Gilles de Maistre che all’eopoca stava realizzando un documentario su Kevin Richardson, L’uomo che sussurrava ai leoni, e da sua moglie Prune, si avvale della sceneggiatura di William Davies e Louise Arhex, del direttore della fotografia e cameraman Brendan Barnes, e delle musiche di Armand Amar, ma fondamentale è stato l’addestratore, Kevin Richardson, l’unico che con Daniah e Ryan, poteva interagire con i leoni. La scelta di far recitare un solo leone da piccolo attori sudafricani in crescita è stata vincente. Solo così il leone li avrebbe considerati suoi cuccioli. Tutto quello che si vede nel film è accaduto realmente.
Sono stati tre anni di addestramento con sessioni full immersion ogni settimana in cui il legame che si è creato tra la bambina e il leone è stato incredibile. Alla fine i giovani attori, entrambi sudafricani, sono diventati mini versioni dell’addestratore. Risultato: un film bellissimo, toccante e adatto a tutti. La cosa eccezionale è che gli animali sono stati trattati da veri protagonisti e rispettati nei loro tempi. Il branco di 6 leoni 2 maschi e 4 femmine è cresciuto insieme durante la produzione e ora vivono nella riserva di Richardson, dove il team cinematografico ha creato una Fondazione per il loro mantenimento e sopravvivenza. Distribuito dall’Eagle Pictures uscirà in sala in Italia il prossimo 17 gennaio o magari prima. Sarebbe un bel regalo di Natale!