Non pietà, ma giustizia è dovuta all’animale
Arthur Schopenhauer
Sin dalla preistoria del nostro pianeta, le relazioni fra gli uomini e gli animali sono sempre state intense e pregnanti di significati, assumendo progressivamente le connotazioni di veri e propri fenomeni socio-antropologici.
Con l’avanzare del tempo si è passati dal mero sfruttamento del mondo animale a fini strumentali ed alimentari, ad un vero e proprio rapporto simpatetico che fonda le sue basi su sentimenti di affetto reciproco, umanizzando la bestia e trasformandola, a tutti gli effetti, in un amico.
Puoi conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui egli tratta gli animali E. Kant
La nozione di animale domestico si è sviluppata gradualmente, acquisendo un profilo giuridico specifico: i nostri amici a quattro zampe hanno ottenuto dignità e diritti che ne tutelano la salute e l’esistenza, tramutandosi da oggetti in soggetti.
In ultimo si è assistito ad una profonda evoluzione del rapporto uomo-animale, che ha visto il passaggio dalla definizione concettuale di padronanza in cui l’uomo “possiede” e comanda, a quella di compagnia, una condizione in cui la parte umana si fa carico di tutta una serie di doveri e di atti di presa in cura altrimenti facoltativi e marginali.
La fenomenologia dell’animale domestico ha subito una crescita esponenziale, assumendo una forte significato sociale laddove l’animale è divenuto parte integrante della nostra esistenza e, sempre più spesso, unico convivente in nuclei familiari composti da una sola persona.
Anche a livello lessicale si è assistito ad una importante evoluzione, quale sintomo inequivocabile della modificazione della mentalità collettiva: nel linguaggio comune l’uso della parola “bestia”, nella sua accezione negativa e dispregiativa di “belva feroce”, è progressivamente abbandonato e rimpiazzato col più generico “animale”, un vocabolo questo che rinvia direttamente alla parola “anima”, ossia a quel principio vitale che informa e permea di sé tutti gli esseri viventi.